Capitolo 3 Inquadramento geologico e geomorfologico

3.1 Inquadramento geologico

Il Inquadramento geologico Massiccio dell’Aspromonte costituisce parte del settore meridionale dell’Orogene Calabro-Peloritano (CPO), un segmento dell’attuale catena Sud appenninica affiorante nel Mediterraneo centrale a seguito dello smembramento dell’originale catena Ercinica Sud Europea durante le fasi Meso-Cenozoiche dell’orogenesi Alpina.

L’arco Calabro si inserisce nel contesto Appenninico meridionale attraverso una tettonica trascorrente (Fig. 3.1) che ne ha permesso l’incuneamento e la successiva sovrapposizione rispetto alle rocce sedimentarie ancora in formazione e in articolazione morfologica, provocando una sorta di incastro che si traduce con la sovrapposizione geometrica dei territori calabresi su quelli circostanti a Nord per la presenza della Linea di Sangineto (del Pollino), e a Sud per quella di Longi-Taormina. Il CPO definisce una sorta di dorsale intervallata da depressioni tettoniche o piane costiere rappresentate dalla Valle del Crati a Cosenza, dalla stretta del fiume Mesima a Catanzaro e dalla Piana di Gioia a Nord di Reggio Calabria.

Schema geologico-strutturale semplificato del sistema Appennino meridionale Arco Calabro (modificato da DEWEY et al.,1989).Schema geologico-strutturale semplificato del sistema Appennino meridionale Arco Calabro (modificato da DEWEY et al.,1989).

Figure 3.1: Schema geologico-strutturale semplificato del sistema Appennino meridionale Arco Calabro (modificato da DEWEY et al.,1989).

Il CPO è un segmento composito di catena Alpina del Mediterraneo occidentale, costituita principalmente da rocce di basamento derivanti da una storia poli- orogenica che attualmente sono coinvolte in diverse Terranee di accrezione Varisiche. Infatti, queste rocce di basamento si staccarono durante gli eventi tettonici thin-skinned Alpino-Appenninici, nell’area centrale del Mediterraneo. Sono ancora dibattute diverse questioni sulla geodinamica del sistema Calabro- Peloritano che includono le origini delle falde cristalline del basamento, i processi che portarono alla loro spinta e al posizionamento in Appennino e la loro successiva riesumazione. Il ripristino della posizione prealpina dei vari territori varisici, dispersi nell’area mediterranea, non è semplice perché la recente tettonica assieme all’espansione del fondale tirrenico ha smembrato la struttura iniziale della catena alpina.

Dalla fine del XIX secolo, i problemi di cui sopra sono stati dibattuti da molti geologi; La teoria pionieristica si basava sul concetto dell’autoctonismo (Cortese, 1896; De Lorenzo, 1904). Tali studi sono stati basati analizzando alcune rocce basali cristalline calabresi che mostrano un ordine inverso, rispetto alla “solita” sequenza riconosciuta in altri territori cristallini, portando così ad avanzare l’ipotesi di processi gravitativi profondi, che avrebbero dato luogo a ribaltamenti locali dovuti al Mega-ripiegamento (De Lorenzo, 1904).

Successivamente, l’avvento della teoria della Tettonica a Placche ha convalidato l’interpretazione a falde delle Terranee calabro-peloritane proposta da Staub (1951). Basandosi su questa interpretazione, la Sorbonne Geodynamic School(1961) ha fornito nuovi interessanti spunti sulla geologia Calabro-Peloritana, che consistevano nella ricostruzione di un quadro pre-orogenico composto da un fronte di spinta africano avanzato rappresentato dal blocco sialico del massiccio delle Serre (zona di assottigliamento crostale di Catanzaro), da uno iato oceanico (Linea Sangineto) e da crosta continentale appenninica debolmente deformata.

Gli Studi più recenti (Bonardi et al., 2001; Ortolano et al., 2005) hanno dimostrato complesse relazioni tra i diversi settori dell’Orogene Calabro-Peloritano, dovute alla frammentazione giurassica che ha determinato la separazione dei segmenti crostali originari in più nappe durante l’orogenesi alpina. In questo schema, la suddivisione in settori nord e sud rende difficile correlare inequivocabilmente il basamento cristallino di questo sistema orogenico a causa della controversa interpretazione del ruolo del metamorfismo alpino in questi due settori. Nel settore settentrionale, estendendosi dalla linea Sangineto alla depressione del Catanzaro, sono presenti unità di Ofiolite alpina; sono caratterizzate da metamorfismo HP-LT di età compresa tra 60 e 35 Ma. Al contrario, il settore meridionale, che si estende fino alla linea Longi-Taormina, è caratterizzato dall’assenza di Ofiolite che non fornisce una chiara evidenza del primo metamorfismo alpino.

La ricostruzione della tettonica alpina del Massiccio dell’Aspromonte gioca un ruolo chiave nella comprensione della geodinamica regionale. Il Massiccio dell’Aspromonte rappresenta uno dei quattro settori principali che compongono l’Orogene Calabro-Peloritano. Da nord a sud questi settori sono il Massiccio della Sila, il Massiccio delle Serre, il Massiccio dell’Aspromonte (Fig. 3.2) e i Monti Peloritani.

carta geologica semplificata con suddivisione CPO (modificata da Angì et al. (2010) e Cirrincione et al. (2011)

Figure 3.2: carta geologica semplificata con suddivisione CPO (modificata da Angì et al. (2010) e Cirrincione et al. (2011)

L’Aspromonte rappresenta quindi, nell’Arco Calabro-Peloritano, il raccordo strutturale tra la depressione delle Serre e la culminazione dei Monti Peloritani. Area di notevole complessità, in cui sono difficilmente riconoscibili assi strutturali ben definiti, mostra nel complesso una struttura periclinale abbastanza regolare. Sono state proposte interpretazioni contrastanti riguardo la sua evoluzione, portando principalmente a due ipotesi:

  1. La prima ipotesi si riferisce al profilo geologico proposto da Bonardi et al. (1982), Graessner & Schenk (1999) e Messina et al. (1990; 1992). Secondo la loro proposta, il Massiccio dell’Aspromonte è composto da tre sezioni tettoniche come segue: l’Unità di Stilo più alta composta da scisti varisici a metapeliti in facies anfibolitica. L’Unità di Aspromonte occupa una posizione geometrica intermedia ed è composta da rocce metamorfiche varisiche in facies anfibolitica intruse da corpi granitoidi tardo-varisici, da parzialmente a totalmente riequilibrati durante l’orogenesi alpina. La falda tettonica più bassa è rappresentata da metapeliti scistose caratterizzate da metamorfismo varisico.
  2. In alternativa, secondo Pezzino et al. (1990, 1992), Fazio (2005), Ortolano et al. (2005),e Cirrincione et al.(2008), il quadro geologico del Massiccio dell’Aspromonte è il risultato dell’accatastamento dell’Unità Stilo, così come definita dagli Autori precedenti, dell’intermedia Unità Aspromonte- Peloritana, per lo più corrispondente all’Unità di Aspromonte degli Autori precedenti, e dal metamorfico sottostante in sequenza, influenzato esclusivamente dal metamorfismo alpino, che affiora in tre finestre tettoniche e prende il nome dalle località (es. paesi di Cardeto e Africo, zona Madonna di Polsi).

Queste interpretazioni hanno suggerito due diversi quadri tettonici per il settore meridionale dell’ Orogene Calabro-Peloritano, che possono essere sintetizzati come segue:

  1. L’Aspromonte rappresenta una struttura di diverse rocce di basamento collegate al Ciclo varisico, rielaborato localmente (da parzialmente a totalmente) durante un’estesa fase di metamorfismo alpino durante il tardo Oligocene con esumazione orogenica del Miocene inferiore;
  2. È il risultato di un completo ciclo orogenico alpino, che ha coinvolto il basamento varisico così come anche le sequenze sedimentarie mesozoiche. Queste sequenze corrispondono a una porzione di un attivo e diffuso margine continentale che, in seguito alla subduzione, era estruso lungo la sutura di una zona di collisione per la presenza di una zona di taglio retrogressiva dell’Oligocene-Miocene inferiore impostata in un regime di compressione.

In questo contesto Pezzino et al. (2008),ha proposto, per il Massiccio dell’Aspromonte, un nuovo e semplificato modello geologico-strutturale (Fig. 3.3), dove le sequenze metamorfiche più basse sono unificate in un’unica unità, denominata Unità Madonna di Polsi (MPU). Questo modello facilita la comprensione della posizione di questo settore orogenico nel più ampio puzzle geodinamico dell’area del Mediterraneo occidentale. Secondo questa ultima interpretazione, il Massiccio dell’Aspromonte è costituito da tre falde tettoniche principali corrispondenti a tre unità, caratterizzate da differenti evoluzioni tettono-metamorfiche e separate da contatti tettonici di vario tipo (Fig. 3.3). Le falde tettoniche sono:

  • la più alta Unità Stilo (SU) con metamorfismo esclusivamente Varisico
  • l’Unità intermedia Aspromonte-Peloritani (APU) con metamorfismo varisico e alpino
  • la più bassa Unità Madonna di Polsi (MPU) colpita esclusivamente dal metamorfismo alpino.
Carta geologica Aspromonte con schema strutturale; modificato da Pezzino et al.1990, Ortolano et al. 2005, Fazio et al. 2008)

Figure 3.3: Carta geologica Aspromonte con schema strutturale; modificato da Pezzino et al.1990, Ortolano et al. 2005, Fazio et al. 2008)

I Conglomerati sin-collisionali e la sequenza torbiditica, datata Oligocene superiore-Miocene inferiore, della formazione di Stilo-Capo d’Orlando (SCOF) racchiude l’intera sequenza tettono-stratigrafica sia del Massiccio dell’Aspromonte che dei Monti Peloritani in generale(Bonardi et al., 1980, 2001; Cavazza, 1988; Cavazza et al., 1997). La presenza di Strati pelagici presso l’inizio della sequenza è stata interpretata come risultato di back-thrusting (Argille Varicolori di Ogniben, 1960). I depositi sedimentari più giovani sono presenti sui terrazzi marini del Pleistocene inferiore attualmente situati a 1300 m s.l.m., a testimonianza di un forte sollevamento della Calabria meridionale mediante tettonica estensionale recente che ha generato strutture Graben.

L’unità Stilo (SU) (Fig. 3.4) è composta da Scisti verdi e da rocce paleozoiche a basso grado metamorfico in facies anfibolitica. Sono presenti anche Corpi magmatici varisici, intrusi nelle metapeliti prodotte dall’aureola metamorfica termica (biotite, muscovite e blastesi di andalusite). La SU si trova attraverso un fragile contatto tettonico sull’Unità Aspromonte-Peloritana (APU), costituita di rocce metamorfiche in facies anfibolitica intruse in più recenti corpi granitoidi Varisici peralluminosi, entrambi sovrimpressi localmente da Metamorfismo di tipo alpino sviluppatosi circa 36-22 Ma (Bonardi et al., 2008; Heymes et al., 2010). Uno spesso orizzonte milonitico segna il contatto tettonico tra l’APU e le rocce metamorfiche di grado medio-basso sottostanti dell’Unità Madonna di Polsi (MPU) affioranti in più finestre tettoniche, rappresentando il complesso metamorfico del Cardeto, che affiora nel settore occidentale, l’Unità Madonna dei Polsi s.s. e il complesso Samo-Africo. L’MPU è costituita da sequenze metapelitiche in facies da scisto verde ad anfibolite, caratterizzate da un metamorfismo alpino retrogrado polifasico che non è stato rilevato nell’APU sovrastante.

colonna stratigrafica Aspromonte

Figure 3.4: colonna stratigrafica Aspromonte

3.1.1 Zona Trunca-Santa Venere

L’area in esame presenta diverse litologie affioranti che possono essere suddivisi a grande scala in rocce di substrato e terreni di copertura. La colonna stratigrafica di affioramento si presenta dalla base al top nell’ordine seguente:

  1. Il substrato cristallino metamorfico è costituito per lo più da Scisti biotitici bruno-nerastri pre-Cenozoici (sb), che localmente si presentano gneissici. Le rocce in questione possono essere attraversate da vene di Granito a grana fine, Pegmatite e Quarzo. Questo tipo di rocce è particolarmente resistente alla degradazione e all’erosione superficiale; è caratterizzato da una bassa permeabilità che chiaramente tende ad aumentare nelle zone di fratturazione.
  2. I terreni di copertura sono costituiti da:
    • Sabbie, Arenarie e Calcareniti plioceniche grigio-bruno-giallastre (Ps2-3) che talvolta si presentano a stratificazione incrociata e, localmente, con sottili intercalazioni di silts argillosi, più sviluppate nel top della formazione. Sono presenti anche in forma di orizzonti conglomeratici basali cementati a matrice calcarea. Contengono una microfauna variabile a foraminiferi assieme ad ostracodi, molluschi, briozoi ed echinidi. Questo complesso presenta scarsa resistenza all’erosione ed una permeabilità generalmente elevata. Gli affioramenti generalmente presentano un’immersione WSW con circa 35° di inclinazione e spessori che superano i 50 m.
    • I Conglomerati e le sabbie arcosiche pleistoceniche da bruno-chiare a rossastre (\(\gamma\)) rappresentano i veri e propri depositi continentali. Questi risultano poco consolidati, facilmente degradabili e a permeabilità elevata. In fase di deposizione hanno mantellato la topografia rendendo il paesaggio pressocchè piano; nelle zone in cui la giacitura si presente suborizzontale gli spessori risultano in generale molto ridotti e variabili tra i 5 e i 20 m.
    • I Prodotti di soliflussione e dilavamento olocenici (qs-cl), talora misti a materiale alluvionale (al) e a detriti di frana (a) si ritrovano a completamento della colonna stratigrafica presentandosi anche alle quote più elevate in affioramento, ed essendo poi conseguenza del dilavamento di materiale alterato delle rocce circostanti interessate quindi da disfacimento ed erosione superficiale. Questa formazione è caratterizzata principalmente quindi da materiale grossolano con una modesta matrice limoso- argillosa a struttura lenticolare. Localmente possono essere sormontati da strati di suolo limoso-sabbioso a spessore variabile.

I riferimenti di legenda delle litologie affioranti nell’area in considerazione appartengono alla Carta Geologica della Calabria (1:25.000), trasposta in .kmz e georeferenziata su Google Earth, Tav. Bagaldi, Foglio 254 II S.O (Fig. 3.5).

carta geologica georeferenziata e zoom sull'area di sitocarta geologica georeferenziata e zoom sull'area di sitocarta geologica georeferenziata e zoom sull'area di sito

Figure 3.5: carta geologica georeferenziata e zoom sull’area di sito

L’area di sito quindi si inquadra all’interno della formazione basale dell’Unità di Stilo (Fig. 3.6), della quale affiora una spessa coltre di alterazione da weathering pre-Miocenico, dovuto alle differenti condizioni paleoclimatiche tropicali/subtropicali; intercalata a questa sabbia da disfacimento a prevalenza di granuli di Mica Biotite, Feldspati Alcalini e Quarzo, è possibile ritrovare rari affioramenti di Micascisti molto fratturati ma che riescono ancora a dare un’idea dello scheletro della roccia madre.

georeferenziazione Trunca su carta geologica Aspromonte

Figure 3.6: georeferenziazione Trunca su carta geologica Aspromonte

3.2 Inquadramento geomorfologico

Ad un primo sguardo regionale, Il CPO si definisce come una sorta di dorsale unica intervallata da depressioni tettoniche o piane costiere rappresentate dal Graben dalla Valle del Crati a Cosenza che divide in settore occidentale e settore orientale il massiccio della Sila, dalla stretta del fiume Mesima, corso d’acqua susseguente che, attraversando Catanzaro, separa i monti della Sila dai monti delle Serre, e dalla Piana di Gioia a Nord di Reggio Calabria che separa il massiccio isolato del Monte Poro a Nord, dal più meridionale Aspromonte. Dalla carta topografica (Fig. 3.7) (Mappa topografica Calabria, altitudine, rilievo – topografic-map.com) è immediato notare come i rilievi più alti raggiungano i 2210 m, mentre in media i 3 massicci del CPO raggiungono altitudini comprese tra i

Mappa topografica Calabria, altitudine, rilievo – topografic-map.com

Figure 3.7: Mappa topografica Calabria, altitudine, rilievo – topografic-map.com

1100 e i 1600 m s.l.m, mentre, nella maggior parte dei casi, le loro pendici raggiungono direttamente la costa sia sul lato Tirrenico che su quello Ionico. Dalla carta del reticolo idrografico (http://geoportale.regione.calabria.it/opendata) ,con della particolare Calabria interesse all’Aspromonte, in overlay su Google Earth rispetto alla Mappa Topografica Calabria si nota il pattern radiale descritto dai corsi d’acqua (Fig. 3.8), per lo più caratterizzati da fiumare, che si dipartono quindi anularmente dalla cima del massiccio caratterizzandolo con numerosi bacini e sottobacini idrografici, impostati su una rete fittamente gerarchizzata.

georeferenziazione Mappa Topografica Calabria e della Carta del Reticolo idrografico su Google Earth; geolocalizzazione del sito

Figure 3.8: georeferenziazione Mappa Topografica Calabria e della Carta del Reticolo idrografico su Google Earth; geolocalizzazione del sito

L’area di nostro interesse rappresenta un piccolo settore dell’Aspromonte, situato sul versante sudoccidentale, impostato su altitudini circa pari ai 700-900 m, e interessato da uno dei bacini idrografici di competenza affluente del torrente Valanidi (sviluppatosi in direzione ESE-WNW) che attraversa l’abitato di Trunca, situato poco più a valle a circa 200 m s.l.m. (Fig. 3.9).

rete idrografica dell'area in esame; nello zoom cartografazione del bacino idrografico di competenza del sito

Figure 3.9: rete idrografica dell’area in esame; nello zoom cartografazione del bacino idrografico di competenza del sito

L’area è visibilmente impostata su pendii ripidi e scoscesi, fittamente solcati da impluvi originati da fenomeni di erosione per ruscellamento che tendono a favorire il verificarsi e l’incanalarsi di numerosi eventi di frana. Estraendo le curve di livello dal file DEM con risoluzione 10m attraverso l’utilizzo di applicativi gis è possibile cartografare il bacino idrografico di competenza del sito (Fig. 3.10).

bacino idrografico dell'area di sito costruito con la procedura Qgis

Figure 3.10: bacino idrografico dell’area di sito costruito con la procedura Qgis

3.3 Aspetti climatici

Considerando le condizioni medie dell’intero territorio, la Calabria, secondo la classificazione macro-climatica di Köppen, può essere definita una regione a clima temperato-umido (di tipo C) (media del mese più freddo inferiore a 18 °C ma superiore a -3 °C), o meglio mesotermico-umido sub-tropicale, con estate asciutta (tipo Csa), cioè il tipico clima mediterraneo, caratterizzato da una temperatura media del mese più caldo superiore ai 22 °C e da un regime delle precipitazioni contraddistinto da una concentrazione delle precipitazioni nel periodo freddo (autunno-inverno). Tuttavia, questa definizione ha appunto un valore solamente macro-climatico, cioè serve a distinguere, ad esempio, il clima calabrese da quello dell’Europa o, ad uno sguardo più ampio, da quello di altri continenti. Nella realtà la posizione geografica della regione, che per la sua collocazione quasi baricentrica nell’area mediterranea, e per la sua condizione di penisola, è esposta alle influenze sia delle masse d’aria continentali sia di quelle temperate marittime su due fronti che assieme al suo assetto orografico, danno luogo, nei diversi settori, a marcate differenze climatiche. Il fattore orografico inoltre, controllando la distribuzione delle piogge, riduce l’effetto mitigatore del mare nelle aree più interne, rendendo le condizioni climatiche tra le aree di costa e quelle interne fortemente contrastate. Dal punto di vista pluviometrico il clima può essere considerato bi-stagionale, con l’80% delle piogge circa concentrate nel semestre autunno-inverno; ne consegue un’aridità elevata, che vede diverse aree, soprattutto del settore meridionale, con diversi mesi quasi asciutti. Le informazioni per ciò che riguarda il regime pluviometrico sono disponibili presso il settore Arpacal del servizio Idrografico della Regione, dal quale sono stati estratti i dati di pioggia delle numerevoli stazioni pluviometriche sparse su tutto il territorio. La media delle precipitazioni annue osservate su queste stazioni per un periodo di osservazione di 79 anni compreso tra il 1921 e il 2000 (periodo di tempo per il quale il sito internet ArpaCal mette a disposizione questo tipo di studio), è di circa 1000 mm ma il carattere pluviometrico risulta molto diverso tra il versante tirrenico

Piovosità media annuale misurata dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.it

Figure 3.11: Piovosità media annuale misurata dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.it

ed il versante ionico, caratterizzati rispettivamente in media da precipitazioni annue di circa 1150 e 850 mm (Fig. 3.11). Le aree più piovose sono diffuse sul versante tirrenico, ma ovviamente il picco di piovosità si localizza sui rilievi maggiori (Fig. 3.12).

Distribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.itDistribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.it

Figure 3.12: Distribuzione medie mensili delle aree più piovose, misurate negli anni dal 1921 al 2000. ArpaCal www.arpacal.it

Importanti sono anche i movimenti delle masse d’aria provenienti dai quadranti meridionali particolarmente intensi lungo le coste del Canale di Sicilia; essi sovente portano condizioni di caldo torrido mitigando il clima delle stagioni invernali. Di contro le condizioni termiche risultano più uniformi, con la generale diminuzione dei valori medi delle temperature con l’altitudine e verso le zone più interne, caratterizzate da inverni più freddi ed escursioni termiche più accentuate. I massimi estivi si riscontrano soprattutto sul versante ionico, dove, nelle strette vicinanze della località di Crotone, le temperature possono superare mediamente i 38° C (Fig. 3.13).

distribuzione media annua delle temperature misurate negli anni dal 1921 al 2000; a destra distribuzione media annua delle temperature massime e minime. ArpaCal www.arpacal.it

Figure 3.13: distribuzione media annua delle temperature misurate negli anni dal 1921 al 2000; a destra distribuzione media annua delle temperature massime e minime. ArpaCal www.arpacal.it