Introduzione

Il dissesto idrogeologico è fra le cause di rischio principali per l’assetto sociale ed economico del nostro paese ed è, per altro, fortemente condizionato dall’azione dell’uomo oltre che dai continui cambiamenti del territorio che hanno incrementato la possibilità di accadimento di fenomeni disastrosi, e dall’aumentata presenza di beni e di vite umane nelle zone in cui tali eventi sono probabili e si manifestano.

L’antropizzazione del territorio, il continuo diboscamento, l’apertura di cave, l’emungimento incontrollato dalle falde sotterranee, la mancata manutenzione delle opere su versanti e valli fluviali assieme ad un generale mancato rispetto dell’attuale legislazione urbanistica e, di conseguenza, un eccessivo abusivismo edilizio, hanno sicuramente aggravato il dissesto evidenziando la fragilità del territorio italiano.

Nell’ambito del rischio idrogeologico il diverso combinarsi di fattori geologici, morfologici e climatici dà luogo ad un’ampia varietà di fenomeni di dissesto che differiscono per tipologia, cinematismo, caratteri evolutivi e dimensioni delle aree coinvolte. Tra questi (terremoti, eruzioni vulcaniche, esondazioni…), le frane rivestono una particolare importanza. L’ingente numero di fenomeni franosi che sono avvenuti negli ultimi decenni in Italia e nel resto d’Europa, ha offerto un’opportunità di studio, che ha arricchito il patrimonio di conoscenze dirette su questi fenomeni, stimolando la nascita di una nuova cultura di previsione e prevenzione, incentrata sia sull’individuazione delle aree più suscettibili al rischio da frana che sull’attuazione di interventi diretti alla riduzione dell’impatto generato dai vari eventi di attivazione (Applicazioni di tecniche GIS e modelli di suscettibilità per la pprevisione del rischio da frana a scala regionale, tesi di dottorato Dott. G. Manzo, 2010).

Da un punto di vista legislativo, i concetti di previsione e prevenzione dai rischi naturali, sono stati introdotti in Italia con l’istituzione del Servizio Nazionale di Protezione Civile (Legge 24/2/1992 n.225), il quale ha definito nell’art.1 l’importante compito di “tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi” . Sono quindi diventati indispensabili gli strumenti di previsione in grado di fornire informazioni utili e tempestive a supporto delle decisioni per l’attivazione di piani di emergenza. Particolare interesse rivestono oggi quei sistemi di allerta in grado di monitorare aree a scala regionale o addirittura nazionale, di facile consultazione ed utilizzo operativo e sfruttabili per la previsione e la prevenzione delle emergenze sia in ambito di Protezione Civile che in generale per attività di gestione del territorio.

In Calabria il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta una problematica di notevole importanza. Tra i fattori naturali che predispongono il territorio rientra la sua conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia complessa e da bacini idrografici generalmente di piccole dimensioni, caratterizzati quindi da tempi di risposta alle precipitazioni estremamente rapidi. Eventi meteorologici intensi, combinati con queste caratteristiche del territorio, possono dare luogo dunque a fenomeni alluvionali violenti caratterizzati da cinematiche anche molto rapide.

Il rischio idrogeologico è inoltre fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo. La densità della popolazione presente su aree a rischio idrogeologico, l’abusivismo edilizio, l’abbandono dei terreni montani, gli incendi, la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua aggravano il dissesto e mettono ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio calabrese aumentando l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso.

La frequenza di episodi di dissesto idrogeologico, che hanno spesso causato la perdita di vite umane e ingenti danni ai beni impongono una politica di previsione e prevenzione non più incentrata sulla riparazione dei danni e sull’erogazione di provvidenze, ma sull’individuazione delle condizioni di rischio e sull’adozione di interventi per la sua riduzione (http://www.protezionecivilecalabria.it/).

Il presente lavoro ha come obiettivo quello di analizzare la suscettibilità da frana nell’area di bacino idrografico di Trunca, comune situato nella provincia della città di Reggio Calabria.

L’area in questione è situata alle falde del massiccio dell’Aspromonte, rilievo caratterizzato in affioramento per lo più da depositi di alterazione provenienti dal substrato metamorfico microcristallino. Il bacino idrografico analizzato è una zona la cui evoluzione morfologica risulta essere controllata da un’unica grande area in frana, anche se la stessa si suddivide in più corpi contigui con cinematiche separate ma interattive e soggette a più fasi di riattivazione nel tempo.

Frequenti le geometrie da fenomeni rototraslazionali e pianotraslazionali alle quali sembra doversi ascrivere anche l’area di frana esaminata durante il lavoro di tirocinio effettuato in vista di questo progetto a scala più ampia. Lo scopo del lavoro sarà quello di simulare gli eventi di innesco e di invasione a cui potrebbero essere soggetti l’abitato di Trunca e la sottostante fiumara del Valanidi, in modo da elaborare conclusioni in merito alla suscettibilità dell’area.

I programmi utilizzati per completare tale lavoro sono:

  • Scoops3D un modello tridimensionale basato sulla presenza di un modello digitale del terreno, dal quale ricercando le più plausibili superfici di scivolamento analizza la stabilità dell’area attraverso l’utilizzo del fattore di sicurezza FS minimo, massimo e modale.

  • ADB toolbox nello specifico applicativo IDRA 2DF, consiste in un’applicazione distribuita dell’approccio geomorfologico, combinando le equazioni del Soil Conservation Service (SCS) ed alcuni altri parametri semplificati nella considerazione delle variabili.

Il lavoro svolto è stato articolato in diverse fasi suddivise poi nei capitoli che seguono.

Una fase di raccolta di dati di territorio, utilizzati per articolare un inquadramento geologico completo al fine di avere una visione su quali potrebbero essere le problematiche generali che investono l’area di studio, per poi procedere con una raccolta dati differente, contestualizzata al reperimento delle informazioni necessarie al corretto funzionamento dei modelli scelti:

  • Dati geomeccanici delle rocce affioranti e di sottosuolo, ottenuti tramite lavoro di tirocinio effettuato presso l’ente geologico comunale di Reggio Calabria, attraverso prove in sito e prove di laboratorio;

  • Dati pluviometrici su serie di piogge storiche con distribuzione oraria, settimanale, mensile ed annuale; tali dati sono stati riferiti alle stazioni pluviometriche di Cardeto-Liddu, Motta San Giovanni-Allai e Reggio Calabria-Rosario, situate al di fuori del bacino idrografico in esame, ma all’interno del bacino più grande del Valanidi, di cui l’asta principale dell’area di studio è immissaria. Non è stato possibile cercare un approccio differente in quanto non esistano altre stazioni pluviometriche più vicine o meglio correlate all’area di interesse vera e propria. Tali dati coprono un intervallo temporale di circa 6 anni;

  • Dati di spessore delle coltri di copertura e di dati di resistenza meccanica della roccia in affioramento ottenuti tramite un lavoro di rilevamento sul campo attraverso l’utilizzo di fioretti telescopici e del martello di Schmidt;

Terminata la fase di raccolta e preparazione preliminare dei dati si è proceduto eseguendo analisi statistiche sui dati di pioggia e analisi di tipo idraulico riguardanti il contenuto idrico sotterraneo dell’area di bacino studiata. Si è quindi proceduto scegliendo gli opportuni Parametri ed i giusti tempi di simulazione per poi lanciare le stesse sia per Adb tramite IDRA 2 DF che per Scoops3D.

Il tutto è stato suddiviso in un capitolo introduttivo riguardante i fenomeni franosi, la loro descrizione e classificazione e la redazione di PAI ed IFFI che li correlano al concetto di suscettibilità trattato nel capitolo seguente, nel quale saranno anche esaminati nel dettaglio i modelli scelti per l’analisi, seguiti dal capitolo di inquadramento geologico, geomorfologico e climatico dell’area, esaminata dal generale (arco Calabro Peloritano) al particolare (Zona Trunca-Santa Venere). I capitoli successivi descrivono l’elaborazione personale dei dati acquisiti e mostrano i risultati ottenuti tramite l’utilizzo di questi all’interno dei modelli scelti e la discussione dei risultati. In ultimo sarà presentato un capitolo riguardante le Conoscenze pregresse al presente lavoro, basato sulla bibliografia più recente derivante dagli ultimi due convegni mondiali sulle frane.