Conclusioni

Alla luce dei modelli interpretativi, dei dati inclinometrici, stratigrafici e piezometrici risultati dalle indagini geotecniche, delle analisi di pioggia e delle classi di alterazione delle coltri di copertura, si è identificata l’area in esame come fortemente instabile. Uno dei fattori predisponenti è sicuramente rappresentato dalla morfologia; l’area di versante che collega l’abitato di Trunca con quello di Santa Venere si trova infatti sulla sua parte più esterna ed esposta rasentando la verticalità ed ha subito più volte fenomeni di dissesto di notevole importanza e, nonostante questo, è ancora in assenza di qualsiasi opera o tipo di stabilizzazione; risulta quindi maggiormente sensibile a qualunque fattore di disturbo esterno che si riflette sul corpo di frana. Le fessure di trazione, sulla sede stradale sono ancora aperte e beanti e possono essere state veicolo di una sempre maggiore quantità di infiltrazione di acqua piovana e aver inciso perciò sulla direzione della massa in movimento. Negli anni precedenti a quello in esame (2019-2020) erano state progettate e costruite alcune mura di contenimento cinghiate che però, non sono riuscite a contenere gli eventi di frana che si sono succeduti nel tempo; questa considerazione e quella relativa alle piogge e/o generalmente alla presenza di acqua quale fattore scatenante oltre che preparatorio, tra gli interventi di sistemazione e consolidamento di versanti in frana di questo tipo, si potrebbero ipotizzare opere per la regimazione delle acque superficiali, utilizzando vari metodi e strumenti per il drenaggio, applicati sia per un effetto temporaneo che per un’azione drenante permanente. In considerazione del fatto che è spesso difficile valutare l’efficacia di un sistema di drenaggio in fase di progettazione, sarebbe da prassi valutare gli effetti del sistema continuando con il monitoraggio piezometrico già effettuato. La loro lettura periodica consentirebbe infatti di valutare i riflessi del sistema di drenaggio sulle acque sotterranee e, in base a questi, ottimizzare il loro funzionamento. Nell’esecuzione eventuale dei drenaggi sarebbe di fondamentale importanza assicurarsi che tutti gli scarichi delle canalizzazioni fossero condotti fuori dal versante in frana, e che in corrispondenza dei punti di scarico non si possano innescare processi erosivi. Bisognerebbe inoltre fare attenzione alla portata di scarico eventuale in alveo del corso d’acqua del Valanidi, per evitare possibili fenomeni di esondazione in occasione di piena. Come ovvio, la manutenzione riveste un ruolo determinante nella funzionalità di questi sistemi.

In genere i drenaggi superficiali comprendono canalette superficiali, fossi di guardia, dreni intercettori, operazioni di riprofilatura dei versanti per eliminare le depressioni presenti, e soprattutto sigillatura ed impermeabilizzazione delle fessure beanti. I sistemi di drenaggio superficiali hanno un impatto ambientale abbastanza contenuto, assolvendo bene il compito di garantire la necessaria efficacia tecnico-funzionale dell’intervento con la necessità del recupero e del ripristino naturale dell’area degradata. Con la loro azione stabilizzante queste opere possono anche favorire l’attecchimento e la crescita della vegetazione ed il ripristino degli ecosistemi danneggiati inserendosi quindi perfettamente nell’ambiente naturale collinare e montano nel quale ci si trova. Gli inerbimenti e lo sviluppo della vegetazione, naturale o innestata, contribuirebbero inoltre sia a migliorare l’efficacia tecnico-funzionale dell’intervento sia al ripristino naturale dell’area.

Si potrebbero applicare in associazione ad opere per il drenaggio superficiale anche sistemi di drenaggio profondi come gallerie drenanti. Questi sistemi drenanti hanno un impatto ambientale contenuto dal punto di vista estetico- paesaggistico dovuto al fatto che la loro installazione avviene al di sotto del piano campagna. Tuttavia la loro esecuzione, se non accuratamente progettata e monitorata, può provocare ripercussioni negative sull’equilibrio delle acque sotterranee e degli acquiferi coinvolti. Un altro intervento proponibile potrebbe essere rappresentato da opere come pali e paratie drenanti che costituiscono un sistema caratterizzato da una tecnologia più innovativa, che permette di raggiungere profondità di drenaggio anche superiori ai 30 m, con spessore variabile da 60 a 120 cm. Le paratie più efficaci in questa circostanza potrebbero essere quelle a pannelli, realizzato con scavo in miscela bentonitica in quanto i terreni alterati dell’area necessitano di un certo sostegno per permettere l’inserimento delle cassaforme rettangolari con il riempimento di materiale drenante. Potrebbe essere utile anche eseguire lo scavo mediante getti d’acqua ad altissima pressione e spurgo del terreno scavato con aria compressa in quanto quest’ultima tecnica consente di avere sia il necessario sostegno delle pareti dello scavo, sia una più facile messa in opera del materiale drenante e dei geotessili. Purtroppo anche l’esecuzione di queste opere genera un certo impatto sull’ambiente circostante, per lo più a causa delle tecniche di esecuzione e dell’immissione di fluidi e miscele cementizie nel sottosuoo che potrebbero ripercuotersi attraverso inquinamento della falda e fenomeni di subsidenza. Considerando invece la profondità del piano di scorrimento ipotizzata e le caratteristiche litologiche del terreno, potrebbe essere utile abbinare all’azione drenante anche un’azione resistente nei confronti delle spinte dei terreni in movimento, per costruire un sistema autoconsolidante, senza quindi dover ricorrere ad altre opere di sostegno. A questo scopo potrebbero essere realizzati gli speroni drenanti, attraverso scavi a sezioni ristretta, eventualmenti armati provvisioramente, utilizzando macchine scavatrici e/o perforatrici in grado di raggiungere anche profondità superiori ai 7 m. Nella loro configuarazione standard, gli speroni sono costituiti da una struttura per il drenaggio longitudinale a sezione variabile che va ad intersecare la superficie di scorrimento per scaricarsi sulla struttura resistente che ne costituisce la base stessa. Per la situazione in cui verte l’area di studio, l’elemento portante dello sperone portebbe essere costituito da un setto centrale in calcestruzzo poroso e parti laterali in materiale drenante (sabbioso-ghiaioso) con o senza la protezione del geotessile. Gli speroni andrebbero disposti però secondo la direzione di massima pendenza del versante determinando un marcato impatto estetico e paesaggistico, che viene solo in parte mitigato dalla vegetazione che nel tempo tenderà a mascherare l’opera. In ogni caso la progettazione e l’esecuzione di qualsiasi opera di drenaggio o di intervento più in generale, devono essere curate con attenzione. In caso contrario le opere potrebbero comportare conseguenze negative sul precario equilibrio di un versante in frana. Particolare attenzione andrebbe posta quindi nel mantenere efficienti gli scarichi delle acque provenienti dal drenaggio longitudinale che potrebbero inficiare l’intera efficienza dell’opera.